A partire dal 1° ottobre 2016, l’anatocismo, in forza del quale gli interessi maturati concorrono a formare il capitale producendo ulteriori interessi, ritorna nuovamente protagonista dei contratti bancari, in virtù del D.L. 18/2016 (L. 49/2016) che ha modificato l’art. 120 Testo Unico Bancario, nonché del D.M. 343 pubblicato dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio il 03.08.2016.
Nel ripercorrere le tappe del tortuoso percorso della pratica anatocistica, si ricorda che fino allo stop della Cassazione, che nel 1999 la dichiarò illegittima dando avvio alle cause di rimborso, tutte le banche calcolavano gli interessi debitori, generalmente con periodicità trimestrale, andandoli a sommare al capitale, sul quale nei trimestri successivi conteggiavano altri interessi.
Ma il rimedio alla declaratoria di illegittimità non tardò ad arrivare. Infatti, a partire dal 1° luglio 2000 le banche ebbero nuovamente il via libera all’anatocismo con l’unico limite di sottoporre alla medesima periodicità di conteggio gli interessi attivi e passivi.
Ancora un passo indietro si registra con il divieto di anatocismo contenuto nella Legge di Stabilità del 2014 e con l’ulteriore intervento della Cassazione che ha dichiarato operante il suddetto divieto anche in mancanza dei decreti attuativi da parte del CICR, di fatto mai emessi.
Oggi, l’altalena sembra essersi fermata, reintroducendo l’anatocismo a partire dal 1° ottobre c.a. nei seguenti termini:
gli interessi, sia attivi che passivi, derivanti da aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento (es. carte di credito e finanziamenti) e da sconfinamenti in assenza di affidamento, vengono calcolati il 31 dicembre di ogni anno e diventano esigibili entro il 1° marzo dell’anno successivo o nel momento della chiusura definitiva del rapporto;
i debitori hanno tempo due mesi (1° marzo) dal calcolo degli interessi debitori, per pagare questi ultimi;
il cliente può autorizzare anche preventivamente, l’addebito degli interessi debitori sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale e produce altri interessi, ma l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.
in difetto di pagamento e di autorizzazione di addebito, scatta l’inadempimento contrattuale con l’aggravante di ulteriori interessi di mora, che verranno sommati al capitale producendo ulteriori interessi secondo la classica tecnica dell’anatocismo;
gli interessi debitori maturati, compresi quelli relativi a finanziamenti su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale.
Quest’ultimo punto costituisce una novità di non poco conto, atteso che, se gli interessi debitori non possono produrre ulteriori interessi a partire dal 1° ottobre 2016, possono tranquillamente produrre interessi di mora. Quindi un divieto di anatocismo a metà che consentirà alle banche di recuperare dalla porta quello che è uscito dalla finestra.
Ancora da segnalare la libertà delle banche di modificare unilateralmente i contratti al fine di adeguarli alle norme di legge, mentre dovranno acquisire specifico consenso scritto del cliente sull’addebito degli interessi debitori sul conto. Medesimo consenso espresso non è previsto per gli interessi di mora.
Cosa fare con questa nuova disciplina per evitare brutte sorprese?
Certamente, nell’operare la scelta tra pagare gli interessi passivi entro il 1° marzo o autorizzare l’addebito sul conto, la soluzione più economica da adottare, qualora possibile, è la prima, in quanto con l’addebito si autorizza anche l’anatocismo, sommandosi gli interessi al capitale.
Occorrerebbe, quindi, pagare a parte gli interessi dopo il preavviso della banca (che deve pervenire almeno un mese prima), optando per soluzioni più economiche di reperimento della relativa provvista, quali ad esempio contratti di finanziamento che consentono l’utilizzo dei fondi per estinguere il debito da interessi.