Oltre alla restituzione del capitale ricevuto, il mutuatario si impegna al pagamento degli interessi. In questa voce vengono compresi fattori diversi che hanno diverse finalità.
Una parte degli interessi rimborsa il cosiddetto costo di provvista che il mutuante è tenuto a corrispondere per “l’acquisto del denaro” da chi, a sua volta, gli fornirà la somma messa a disposizione del mutuatario.
Un’altra parte degli interessi è determinata dal rischio che il mutuante sopporta nello stipulare il contratto di mutuo con quel determinato soggetto e discende quindi dal rischio soggettivo connesso alla previsione di rispetto del piano di ammortamento concordato.
Per semplicità nella gestione dell’offerta, il tasso di interesse offerto dalla banca è identico per ogni cliente, applicando quindi dei valori che discendono dallo storico dei mutui gestiti da quell’istituto e da quelli utilizzati da altri istituti di credito secondo logiche di puro marketing.
Al contraente non è quindi data capacità di contrattare e modificare questo particolare dato del mutuo, lasciandogli perciò il solo potere di scelta, a monte, dell’istituto presso il quale avviare la pratica, decidendosi, come è proprio in un libero mercato, per quello che più si avvicina alle proprie possibilità.
L’offerta è quanto mai diversificata.
Diverse variabili vengono via via enfatizzate in una pluralità di offerte che si differenziano di volta in volta per la durata, la percentuale della somma erogata in relazione all’operazione da concludere e la tipologia dei tassi (fissi o variabili).
La scelta si impone all’apertura del rapporto e non è di poco conto.
Con il tasso variabile, alla quota di capitale viene aggiunta, progressivamente ad ogni scadenza, una somma la cui determinazione dipende da fattori ‘esterni’ al mutuo. Tra questi, il costo del denaro.
Come dice il nome stesso, l’importo di tale addizionale può variare anche significativamente nel corso della durata del contratto, generalmente con un aumento della rata.
Il tasso che viene presentato nell’offerta o nelle pubblicità è generalmente quello iniziale, che sembra sempre particolarmente vantaggioso. Ma esso si riferisce solo ai primi mesi. Per il mutuatario è molto più importante conoscere il cosiddetto “tasso a regime”, utilizzato per il resto del tempo. Esso è costituito dalla somma tra il parametro Euribor (il parametro relativo al costo del denaro che la banca deve sostenere) e lo spread (cioè il guadagno che l’istituto di credito vuole ricavare).
Il tasso può essere determinato sin dall’apertura del rapporto in una misura fissa, calcolata sulla previsione dell’andamento del costo del denaro per la durata del contratto.
Tale formula non danneggia la banca mutuante, ma mette al riparo il cliente mutuatario da imprevedibili e significative variazioni.
Risulta essere interessante però notare che il tasso fisso esatto non è noto alle parti fino al momento dell’atto notarile, quando viene compiuta cioè l’operazione. Per avere un’idea più precisa del tasso, l’unica cosa da fare è controllare l’indice IRS (Interest Rate Swap, tasso europeo di riferimento per i mutui a tasso fisso).
Una terza opzione è quella di sottoscrivere un mutuo con opzione, che permette a determinate scadenze di scegliere se accettare un tasso fisso o variabile.
Un ulteriore tasso che, nel contesto dei mutui, può rivelarsi utile è il TAEG (tasso annuo effettivo globale). Non si tratta di un tasso di interesse, ma di una cifra che indica il costo complessivo di un finanziamento e permette così di paragonare tra loro i vari mutui.