La grave situazione di crisi economica che interessa l’economia globale e quindi molto direttamente anche le imprese, pone come argomento di grande attualità, la questione della solvibilità dei crediti. E’ facile prevedere, infatti, che nei prossimi mesi si moltiplicheranno i crediti insoluti.
La rilevazione delle cosiddette “perdite su crediti” evidenzia alcune questioni di carattere fiscale non di facile soluzione, in merito alla possibilità di dedurre il relativo costo e almeno recuperare le imposte sul suddetto onere.
In questo breve contributo abbiamo l’obiettivo di schematizzare gli aspetti essenziali da tenere presente segnalando, peraltro, che per un esame più approfondito delle singole situazioni, lo Studio resta a completa disposizione previo appuntamento telefonico.
Indice
Breve premessa di tipo generale
La norma fiscale richiede, per evidenti motivi di cautela dell’erario, la ricorrenza di elementi certi (nell’esistenza) e precisi (nell’ammontare) della perdita su crediti per poter dedurre il relativo costo. Le perdite su crediti sono deducibili solo quando sono definitive, escludendo, pertanto, ogni rilevanza all’elemento valutativo e presuntivo.
La remissione del debito
Deve ritenersi non ammesso, al fine di dedurre il relativo costo, il comportamento omissivo (remissivo o liberale) del creditore che, non attivandosi in nessun modo per il recupero della somma spettante, preferisca sostituire al mancato incasso, il risparmio fiscale che ottiene dall’imputazione a conto economico del costo.
In pratica la remissione del debito va giustificata da valide ragioni economiche dell’impresa. Stralciare un credito senza alcun preventivo tentativo di recupero, infatti, potrebbe avvalorare il sospetto di un accomodamento “extra” tra creditore e debitore, dopo avere tenuto in considerazione il beneficio fiscale conseguente alla deducibilità del costo. Sul punto è opportuno citare il contenuto della circolare n.1/98 del Comando Generale della Guardia di Finanza, che detta le istruzioni per le verifiche: “Nel caso in cui la perdita venga contabilizzata per inesigibilità, i verificatori dovranno esaminare, nel merito, la sussistenza delle condizioni previste, cioè se la perdita risulta da elementi certi e precisi (acquisendo ad esempio la copia della documentazione da cui risulta l’avvio concreto di procedure esecutive). Si tratta quindi di una valutazione di fatto, che deve riscontrare l’esistenza attuale di una causa di inesigibilità”.
Nel caso di “stralcio” di crediti inesigibili è quindi necessario tenere una condotta estremamente prudente che non può prescindere dal valutare le seguenti circostanze:
-conservazione della documentazione comprovante la spedizione di solleciti ed intimazioni di pagamento tramite raccomandata ed il carteggio con il legale cui si è dato mandato per il recupero del credito;
-onservazione della documentazione comprovante l’esito negativo delle procedure di recupero, come, ad esempio, le raccomandate tornate al mittente per l’irreperibilità del destinatario, la circostanza che il debitore sia pluriprotestato, l’esito negativo di eventuali procedure esecutive in caso di debitore nullatenente, il consiglio (documentato) dell’avvocato che scoraggia ad intraprendere eventuali azioni, in rapporto al costo delle stesse rispetto agli incerti esiti.
In alcuni specifici casi l’Amministrazione finanziaria ammette, comunque, la possibilità di rilevare la perdita su crediti di modesto importo senza particolari formalismi. Sul punto ricordiamo come la risoluzione n.9/124 del 06.08.1976, abbia chiarito che “ per i crediti commerciali di modesto importo, e che siano tali anche in relazione all’entità del portafoglio, …. per la deduzione…delle perdite… nel periodo in cui si verificano…possa prescindersi dalla ricerca di rigorose prove formali, nella considerazione che la lieve entità dei crediti può consigliare le aziende a non intraprendere azioni di recupero che comporterebbero il sostenimento di ulteriori oneri”. La valutazione dovrà essere effettuata ovviamente caso per caso, avendo riguardo non solo all’ammontare del credito, ma anche alla specifica situazione del creditore.
I crediti nelle procedure concorsuali
Quando il debitore è assoggettato a una delle procedure concorsuali previste dalla Legge (fallimento o similari) si realizza una presunzione di sussistenza delle condizioni di certezza e precisione della perdita del credito.
Di qui la conseguente apertura alla deducibilità del costo.
Al fine dell’individuazione del momento in cui si considera perso il credito la norma prevede che “il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi”.
Quindi il creditore, all’atto dell’apertura del procedimento, può legittimamente dedurre fiscalmente l’intera perdita su crediti (previo, ovviamente, l’utilizzo del fondo eventualmente accantonato), senza dover attendere la chiusura della procedura.
La cessione del credito
Il credito può anche essere e questo accade piuttosto spesso nella pratica quotidiana. La cessione può avvenire con la formula del “pro soluto” o del “pro solvendo”:
-pro soluto – il cedente garantisce al cessionario la sola esistenza del credito. Il cedente, quindi, non assume la garanzia della solvenza del debitore ceduto e il cessionario assume il rischio connesso con l’insolvenza del debitore ceduto.
-pro solvendo – il cedente garantisce oltre all’esistenza del credito anche la solvibilità del debitore.
Il problema, riguardo al trattamento fiscale delle perdite su crediti conseguenti alla cessione, è se nella soluzione del “pro soluto”, visto che si configurano la certezza e la precisione della perdita alla luce della definitività della cessione, si possano sempre dedurre i relativi costi.
Questa soluzione, che è logica, è stata messa in forte discussione in questi ultimi anni da una consolidata corrente di pensiero della giurisprudenza e del fisco, che ritiene, invece, che le condizioni di certezza e precisione della perdita del credito debbano necessariamente configurarsi a monte, prima della cessione, e quindi si debbano riferire alla condizione del credito ceduto e non agli effetti del negozio giuridico di cessione.
La situazione, evidentemente, è oggi di particolare attualità se è vero che lo scorso 5 novembre 2008 è stata presentata un’interrogazione parlamentare (n.5-00570 dai deputati Occhiuto e Galletti) proprio al fine di chiarire il problema. La risposta è stata, ancora una volta, nel senso di condizionare la deducibilità della stessa alla circostanza che il contribuente possa dimostrare la sussistenza, a monte, degli elementi di certezza e precisione delle perdita su crediti.
Questa posizione può certamente essere contestata sulla base di complesse riflessioni tecniche che per brevità qui non riportiamo.
Se dovesse però esserci l’intenzione di provvedere, entro la fine dell’anno, ad effettuare operazioni sui crediti vi invitiamo a contattare lo Studio per gli opportuni approfondimenti.