Qualora dovesse verificarsi una trasferta di durante eccedente le due settimane si è posto il problema, concreto, relativo alle eventuali indennità erogate per le giornate non lavorative.
Il primo riferimento è costituito dal contratto collettivo di riferimento o dal contratto individuale di lavoro che possono legittimare l’erogazione dell’indennità di trasferta per tutte le giornate di calendario ricomprese tra l’inizio e la fine della trasferta.
Rimborsi
La materia dei rimborsi segue regole differenti a seconda che la trasferta avvenga, o meno, all’interno del territorio comunale.
Le indennità ed i rimborsi per trasferte effettuate nell’ambito comunale concorrono integralmente a formare il reddito di lavoro, restando esclusi solo i rimborsi attinenti a spese di trasporto, all’interno del comune, giustificate da relativa documentazione.
Per i rimborsi da erogare per trasferte poste in essere fuori dal territorio comunale si può procedere a una tripartizione relativa ai metodi da adottare.
Il datore di lavoro può optare per il rimborso forfettario comprendente le spese di vitto e alloggio e rispetto al quale non è necessario presentare alcuna documentazione, in esenzione da contributi ed Irpef fino all’importo di € 46,48 per giorno intero.
Con il rimborso a piè di lista, si tratta di un rimborso analitico, le spese sostenute dal dipendente sono puntualmente indicate in una nota spese cui va allegata tutta la relativa documentazione.
Infine, il rimborso misto si colloca perfettamente in una posizione intermedia tra il forfettario e l’analitico.
Sede di lavoro
La sede di lavoro puntualmente indicata nel contratto individuale rappresenta il punto di riferimento per individuare quando il lavoratore si trova in trasferta.
Ore di viaggio durante le trasferte
Il tempo effettivamente impiegato dal lavoratore per raggiungere il luogo di lavoro rimane, indiscutibilmente, estraneo all’attività lavorativa.
Di contro, però, il tempo impiegato dal lavoratore a raggiungere, dalla sede abituale, il luogo di lavoro comandato dal datore di lavoro è sicuramente computabile nell’orario di lavoro.
Luogo della trasferta
Come già evidenziato, per considerare un lavoratore in trasferta occorre che lo stesso sia destinato a prestare la sua attività in un luogo differente rispetto all’abituale sede di lavoro.
Ai fini della definizione di trasferta è irrilevante che la stessa si svolga all’interno o meno del perimetro comunale nel quale si trova la sede di lavoro.
Nozione
In assenza di una definizione legislativa, la giurisprudenza, ormai consolidata, considera trasferta lo spostamento temporaneo del luogo in cui il lavoratore deve prestare la propria attività lavorativa.
Oltre a quelli puntualmente individuati dai contratti collettivi, il datore di lavoro non incontra limiti generali al suo potere di assegnare in trasferta il lavoratore, se non quello del rispetto della libertà e della dignità dello stesso.
Non costituisce trasferta la partecipazione del lavoratore, concordata tra le parti, ad un corso di addestramento comportante l’assegnazione temporanea ad una pluralità di sedi diverse.
Trasferta e spese di viaggio
Il dipendente in trasferta, indipendentemente dalla concreta forma di rimborso scelta dall’azienda, ha diritto all’analitico rimborso delle spese di viaggio dallo stesso sostenute.
E nella predetta nozione rientrano, inoltre, le spese sostenute per parcheggiare l’autovettura ovvero i pedaggi stradali.
Consenso del lavoratore
La Cassazione, nel confermare che la trasferta si caratterizza per il fatto di comportare un mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione, ha precisato che la stessa è eseguita nell’interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro che la dispone.
Trasferta e trasferimento
Trasferimento e trasferta, che comportano entrambi un mutamento della normale sede di lavoro del dipendente, si differenziano soprattutto in base alla durata di tale spostamento, che è temporaneo e provvisorio nel caso di trasferta ed, almeno tendenzialmente, definitivo nel caso del trasferimento.
Da quanto evidenziato, deriva che l’elemento differenziale è dato dal criterio temporale.
Compenso
Premesso che il lavoratore in trasferta ha, comunque, diritto alla retribuzione che gli sarebbe spettata se avesse lavorato nella sua sede abituale, spesso allo stesso viene corrisposta una specifica indennità: si tratta di un compenso, stabilito dagli accordi individuali o dalla contrattazione collettiva, in parte legato alle spese sostenute ed in parte strettamente connesso al maggior disagio causato al lavoratore (c.d. diaria).
Si ritiene che questa indennità abbia natura mista: in parte risarcitoria ed in parte retributiva.
Durata della trasferta
Anche rispetto alla durata della trasferta non esiste una disciplina legale di riferimento.
L’unico riferimento sul punto è una circolare del Ministero del Lavoro, n. 326 del 23/12/1997, emessa nell’abito del settore pubblico, con la quale si è avuto modo di precisare che la missione eseguita, anche saltuariamente, dal lavoratore in una stessa località non può mai superare i 240 giorni.
Il Ministero ha puntualizzato sul punto che un’analoga disposizione non è prevista per i dipendenti del settore privato rispetto ai quali la suddetta disciplina non trova applicazione, conseguentemente la trasferta può essere anche di lunga durata.